domenica 9 maggio 2010

Una nuova era glaciale

Da anni gli scienziati si interrogano sul ruolo fondamentale della corrente atlantica, che rappresenta un meccanismo di scambio tra acque gelide polari e acque temperate sub tropicali, responsabile del clima mite nord europeo. Se questo processo si interrompesse il nord Europa comincerebbe a raffreddarsi e questo potrebbe costituire il "germe" o l'innesco di un nuovo processo di raffreddamento globale. Ironia della sorte il riscaldamento di questi ultimi trent'anni potrebbe essere la causa principale di questo blocco.
Le glaciazioni che hanno interessato il nostro pianeta sono più di cinque, la prima risalirebbe al Carbonifero, un piano dell'era più antica del pianeta, il Paleozoico (oltre 500 milioni di anni fa). Sono comunque quelle del quaternario o Neozoico, l'era più recente, ad essere state meglio studiate. Esse sono come dicevamo almeno cinque (l'ultima risale a 10.000 anni fa) e si caratterizzano dall'aver avuto tra l'una e l'altra dei periodi lunghi, anche migliaia di anni, con clima molto mite, anzi, decisamente più caldo dell'attuale, fin anche di tipo subtropicale nel Mediterraneo. Potrebbe essere stata proprio quell'anomalia termica positiva a determinare la risposta glaciale successiva? Molti scienziati pensano di si. Il problema è identificare, se ce n'è stato uno, il punto di partenza di un simile processo di deterioramento climatico. Ad oggi il principale meccanismo naturale non atmosferico in grado di rappresentare una vera e propria valvola di sicurezza per il nostro clima è il famoso corrente atlantica. Senza addentrarci in spiegazioni troppo complesse diremo che il corrente atlantica è un processo messo in moto dal continuo affondamento alle latitudini sub polari di acqua fredda verso il fondo dell'oceano. Un affondamento che induce un richiamo superficiale di acqua più mite dalle latitudini temperate.
La continua sostituzione di acqua superficiale fredda con acqua più calda mantiene uno status climatico ottimale laddove si risente di questo flusso di ritorno. Il settore interessato dagli effetti benefici del corrente atlantica è praticamente tutto il nord Atlantico e gran parte dell'Europa fino alle latitudini più settentrionali. I nostri inverni sono molto più miti infatti, a parità di latitudine, di quelli americani ma quel che conta è che qualsiasi perturbazione proveniente dal nord Atlantico non porta mai il gelo sui nostri paesi perchè attraversa un settore oceanico mitigato dalle acque calde di cui parlavamo sopra.

Proprio durante il corso di quest'ultimo inverno abbiamo potuto toccare con mano la differenza tra un flusso atlantico che non c'è stato se non all'inizio ed un flusso settentrionale continentale, atavicamente lungo che ha portato per più di 40 giorni consecutivi ripetute ondate di freddo con gelo e neve sul nostro paese.

Per meglio spiegare:
grazie alla mitezza delle acque superficiali del nord Atlantico, l'Europa ha degli inverni mediamente miti perché generalmente il motore autunnale ed invernale sta sull'Atlantico. Cosa succederebbe se all'improvviso o nell'arco di pochi decenni il corrente atlantica si fermasse?

La temperatura superficiale del nord Atlantico scenderebbe mentre salirebbe nei settori meridionali per esempio in prossimità delle coste occidentali europee o nord africane. Questo probabilmente influirebbe sulla posizione delle grandi figure bariche dominanti nel nostro emisfero, per esempio sulla posizione dell'anticiclone delle Azzorre che potrebbe salire oltremodo verso nord grazie alla superficie del mare più fredda.

Nel contempo una grossa area ciclonica, grossa almeno quanto quella che normalmente si forma nel nord Atlantico nel periodo invernale, potrebbe instaurarsi alle medie e basse latitudini per l'effetto proprio dell'arrivo di correnti fredde da Nordest innescate dalla posizione dell'anticiclone.

Questo nuovo assetto potrebbe costituire l'innesco di una serie di mutamenti climatici estremi in cui si inserirebbero anche estati particolarmente calde sull'Europa e particolarmente fredde sul nord America e sul Canada ma anche sulla Groenlandia e sull'Islanda circondate da acque marine che andrebbero progressivamente a gelare per un allargamento della banchisa.

Probabilmente la stessa Islanda tenderebbe poi con gli anni ad unirsi alla Groenlandia con un lungo ponte di ghiaccio che sostituirebbe lo stretto di Danimarca. A quel punto le estati comincerebbero ad essere sempre meno calde e più brevi oltre il 50° parallelo. Il gelo nell'arco di pochi anni abbraccerebbe gran parte del mar glaciale artico estendendosi al mar della Norvegia.

E' facile intuire le conseguenze di un simile allargamento del fronte dei ghiacci polari sul clima europeo. In inverno tutte le perturbazioni, sia quelle provenienti dal nord Atlantico ma soprattutto quelle provenienti dal mare del Nord porterebbero gelo e neve non trovando alcun riscaldamento lungo il loro percorso. La Scozia gelerebbe, l'Inghilterra sarebbe colpita da continue bufere di neve che grazie al contributo umido dell'oceano produrrebbero colossali accumuli. Stessa situazione in Scandinavia e e sui paesi Baltici.

Nel contempo gli inverni americani diverrebbero ancor più rigidi trovando una continuità spaziale verso il comparto europeo ed unendosi con gli inverni russi attraverso la pianura di ghiaccio che attraverserebbe senza interruzione il Canada la Groenlandia ed il Mar glaciale Artico. Tale cintura di gelo altro non farebbe che abbassare ulteriormente la temperatura di tutto l'emisfero settentrionale. Nel giro di pochi anni l'intera Europa centro settentrionale, il Nord America e l'Asia centro settentrionale gelerebbero completamente.

Il Mediterraneo perderebbe la sua mitezza e si raffredderebbe causando la scomparsa dell'omonimo clima. I ghiacciai alpini crescerebbero a dismisura fino a raggiungere con i fronti più avanzati le pianure settentrionali. Le città pedemontane scomparirebbero sotto una coltre di neve e per le città di pianura la situazione sarebbe poco diversa. Le estati sarebbero brevissime e spesso perturbate, gli inverni rigidi, lunghi e nevosi. Ma il rischio più grande sarebbe quello economico , una catastrofe che non lascerebbe scampo.

Questo scenario apocalittico è l'ipotesi più accreditata dagli scienziati nel caso in cui il corrente atlantica dovesse bloccarsi. Ma perchè dovrebbe farlo? Perchè il pianeta si sta riscaldando e le calotte polari si stanno sciogliendo.
Se il processo di riscaldamento continuerà per esempio anche con una sequela di estati caldissime come quella del 2003, le acque dolci di scioglimento delle calotte polari invaderanno i settori sub polari sostituendosi in superficie a quelle miti e temperate provenienti dai tropici. Essendo infatti queste ultime salate tenderebbero per densità a stare sotto quelle dolci interrompendo il processo di mitigazione. Da qui si capisce che la chiave di volta di un'eventuale nuova glaciazione potrebbe essere proprio il settore nord Atlantico ed europeo. Esso costituisce infatti la più grande soluzione di continuità continentale alle alte latitudini. Ricordiamo infatti che America e Asia sono separate soltanto dal brevissimo stretto di Bering a nord del quale è già Mar glaciale artico.
Mentre America ed Europa sono molto distanti tra loro. Proprio questa distanza consente l'esistenza del corrente atlantica. Esiste quindi una discontinuità sia geografica che climatica ma la discontinuità geografica è fatta di acqua che in caso di congelamento diverrebbe di fatto porzione di continente. Naturalmente sono tutte teorie, confutabilissime ma non per questo scartabili, non dimentichiamoci che sono cose già accadute, e questa non è teoria. Ci fu un tempo in cui le palme crescevano in Siberia, un tempo in cui l'Italia era un arcipelago tropicale circondato da enormi barriere coralline. Tutto può e dovrà ancora accadere...

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